Adesso sappiamo che il rischio climatico è il rischio di investimento. Ma siamo anche convinti che la transizione climatica rappresenti un’opportunità di investimento storica.

Lo ha affermato Larry Fink, il numero uno di BlackRock, il più grande gruppo di risparmio gestito al mondo.
Convinto che sul cambiamento climatico non ci sia più tempo da perdere, a inizio anno ha chiesto agli amministratori delegati delle aziende in cui investe un piano per il raggiungimento di “zero emissioni” integrato nella strategia di lungo termine. Il cronoprogramma sulla riduzione di CO2 dovrà portare a zero entro il 2050, raggiungendo quella bilancia per cui l’anidride carbonica prodotta non supera quella rimossa dall’atmosfera (la soglia stabilita dalla scienza per mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C).

Fink osserva che «da gennaio a novembre 2020, gli investitori in fondi comuni ed Etf hanno investito globalmente 288 miliardi di dollari in asset sostenibili, con un incremento del 96% rispetto a tutto il 2019», testimoniando così che le aziende dovranno orientarsi alla sostenibilità, per non perdere la fiducia degli stakeholder.

I modelli di business di tutte le società, nessuna esclusa, saranno profondamente interessati dalla transizione verso un’economia a zero emissioni nette, ma alcune saranno pronte a farlo, altre meno: è così che la sostenibilità diventerà un fattore di competitività. O, per dirla come ha fatto Enrico Giovannini il 27 gennaio, in occasione dell’incontro organizzato da FERPI e ASviS Comunicare la sostenibilità: la policy ambientale:

La sostenibilità ora è un fattore di competitività, non una “scocciatura”. Si nota un significativo guadagno di produttività per le aziende che scelgono la sostenibilità.

Il professore ha evidenziato come essa spesso venga associata a un ambito prettamente ambientale, talvolta economico, trascurando il fatto che ha una componente umana e anche istituzionale molto alta.

Oggi, in Italia, solo le grandi imprese sono obbligate alla rendicontazione non finanziaria: in questo modo, si è persa un’occasione per avviare su una scala più ampia un vero e proprio processo di trasformazione capace di coinvolgere il business, la governance e le strategie aziendali, processo necessario quando si affronta un bilancio di sostenibilità non solo in ottica di compliance.

Ma, tornando all’affermazione iniziale di Fink, sarà il settore finanziario ad alzare l’asticella, assieme ai consumatori che sanno di avere nelle loro mani una leva per il cambiamento.

E le aziende, quanto sono consapevoli di questo cambiamento?
Quante lavorano già in un’ottica di sviluppo sostenibile?
Quali politiche regionali potrebbero sostenerle in questo percorso?
Ascoltiamo la loro voce con il questionario a loro dedicato nell’ambito della Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile del FVG